di Nino Di Iorio
Mi accingevo a scrivere non un argomento di cronaca, ma un testo che potesse essere occasione di riflessione utile e nel contempo aderente a situazioni che i tempi e la società ogni giorno ci offrono. Gli spunti non mancano: guerre, fame, migrazioni, libertà negate, scandali, violenza, giustizia, intrallazzi… Mi sono arenato, fermo nel pensiero, assorto nel silenzio, ma gravato dai tanti mali che affliggono menti e cuori, spesso nella più assoluta indifferenza della polit6ica e delle genti. Ho deciso di rinunziare a scrivere ed ho preso a sfogliare un mio vecchio quaderno di versioni dal latino dei tempi del liceo. Sono stato affascinato da un brano tratto dalle “Storie” di Tucidide, vissuto dal 460 al 395 circa avanti Cristo, che riporta un discorso tenuto da Pericle nel 431 a. C. e diretto agli Ateniesi. Pericle fu un eccellente statista che trasformò Atene in un centro politico e culturale che ne fece la potenza conosciuta (a lui si deve anche la costruzione del Partenone). Lontano dalla visibilità, fu amministratore probo e disinteressato, amante dell’arte, difensore della democrazia… Morì nel 429 a. C. a causa della peste e portò via con sé la gloria e il prestigio di Atene. Questo il discorso.
“Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino di distingue, allora esso sdarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere.”






























