di Mario Di Laudo

Ci sono eventi che sembrano semplici coincidenze, ma che il cuore riconosce come segni. Ieri, 22 aprile, a un solo giorno dalla scomparsa di Papa Francesco, ho ricevuto una sua lettera. Era la risposta a un messaggio che gli avevo scritto qualche settimana prima, in occasione delle sue dimissioni dal Policlinico Gemelli. A scrivermi è stato Mons. Campisi, assessore per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede e la risposta recita: «Il Santo Padre Francesco ha gradito le cordiali espressioni di vicinanza e di augurio e, nel ringraziare per il gesto di affetto e per i sentimenti che l’hanno suggerito, volentieri invia la Benedizione Apostolica, pegno di pace e di ogni desiderato bene nel Signore.»

Non sono solo parole ufficiali. Sono una carezza. Una benedizione che oggi, alla luce della sua salita al cielo, acquista un significato quasi eterno. Nelle sue parole ho avvertito delicatezza, riconoscenza, e soprattutto una vicinanza umana e sincera. È come se il Papa volesse lasciare a ciascuno un ultimo gesto, un segno di quella paternità spirituale che non si è mai interrotta, nemmeno nel dolore. Nella mia lettera, datata 24 marzo, avevo semplicemente voluto esprimere la mia vicinanza, il mio affetto e la mia riconoscenza per il suo instancabile servizio, anche nei giorni segnati dalla malattia. Scrivevo: «La Sua forza interiore e la Sua fiducia nella Provvidenza sono per noi un esempio. Anche nella sofferenza, continua a donarsi alla Chiesa e al mondo, testimoniando che il pastore non smette mai di prendersi cura del proprio gregge.» È questo che ho sempre ammirato di Papa Francesco: la sua capacità di essere vicino a tutti. Richiamavo poi un’immagine che, come tanti, porto nel cuore, e che non dimenticherò mai: quella sera del 27 marzo 2020, quando, sotto la pioggia e nel silenzio di una Piazza San Pietro deserta, il Papa innalzava una preghiera per il mondo ferito dalla pandemia. «In quel momento, Lei è stato la voce di un’umanità smarrita, mostrando che non siamo mai soli nelle tempeste della vita.» Ricevere una risposta dal Santo Padre, proprio il giorno dopo la sua morte, è stato qualcosa che ha superato ogni logica ed è diventata per me un piccolo testamento spirituale. Non riesco a spiegarlo pienamente, ma lo sento come un segno. Un dono che custodirò con cura, come testimonianza preziosa: un frammento della sua presenza, che ancora parla. Una benedizione che mi accompagnerà per sempre. E che oggi, con gratitudine, condivido. Grazie, Papa Francesco. Continua a vegliare su di noi.

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