di Gianfranco Vitagliano

Le ragioni di questo scritto. Quella personale. Credo che il diritto civico di sapere sovrasti sempre l’opportunità politica di non far sapere. In un tempo in cui è proprio la politica a rifugiarsi in banalità comunicative e annunci vuoti, trovo immorale e imperdonabile ogni forma di omissione informativa. Con la salute, poi?! Le ragioni di contesto: il verbale della seduta del Consiglio regionale del 1° luglio 2025, pubblicato senza alcun riferimento alle gravi dichiarazioni rese in aula dal presidente della Regione sull’assetto finanziario della sanità regionale; la notizia che la struttura commissariale ad acta starebbe per commissariare l’ASReM (un ossimoro da tragedia greca: l’alterazione delle responsabilità?) con la quale si vuole dare una mano a chi agita lo spettro di un’iniziativa facile da annunciare, ma assai difficile da attuare, sia dal punto di vista amministrativo che tecnico; i verbali del Tavolo tecnico ministeriale del 15 aprile e dell’8 maggio 2025 che la struttura commissariale occulta,  ma che tanti hanno; l’indecisione e il ritardo che, in genere, portano al fallimento. Andiamo per ordine. Negli anni passati, in assoluta autonomia, ho elaborato uno studio sull’evoluzione del disavanzo sanitario e dell’offerta sanitaria pubblica in regione. Ho raccolto ed analizzato documenti e atti formali di Regione, ASReM, Corte dei conti, Ministeri affiancanti dell’Economia e della Salute, decreti della struttura commissariale, verbali del Tavolo tecnico e relazioni annuali della Ragioneria dello Stato. Ho maturato la ferma convinzione dell’esistenza di consistenti errori nella definizione del disavanzi sanitari annuali e della ultroneità dei conseguenti interventi sanzionatori sul sistema sanitario regionale. Le criticità da me riscontrate, in sintesi, riguardano: l’importo di 84,47 mln di euro relativo alla sospensione dei contributi INPS per il terremoto del 2002, inserito d’imperio, nel 2013, nel  disavanzo regionale al 31 dicembre 2005. L’importo era già presente, dal 2006, nelle passività patrimoniali dell’ ASReM  – che ha provveduto a restituire all’INPS, in rate annuali e fino al 2020, 67,21 mln di euro –  e poi è stato contabilizzato tra i debiti del bilancio regionale, nel 2017, per l’importo di 47,71 mln di euro; l’importo di circa 35,00 mln di euro relativo alle prestazioni extrabudget erogate da parte dei privati convenzionati inserito, nonostante l’opinione contraria della Corte di conti: nel disavanzo 2012, per 18,76 mln di euro;  nel disavanzo 2018, per 17,90 mln di euro; (per gli altri esercizi?); l’importo di 39,68 mln di euro non trasferito dalla Regione al sistema sanitario regionale; il mancato tempestivo riconoscimento, da parte del Tavolo e per competenza, delle coperture del disavanzo, deliberate dalla Regione per 74 mln di euro di cui: 19 mln di euro da maggiorazioni fiscali, negati nonostante l’opinione favorevole della Corte dei conti; 55 mln di euro da Fondi FAS  deliberati dal CIPE nel 201,  ma concessi alla Regione solo nel 2015, sottratti due volte dalle coperture, con errato aumento del disavanzo annuale; il mancato trasferimento dallo Stato alla Regione di premialità e fondi aggiuntivi annuali. Il presidente ha riferito di circa 100,00 mln di euro; io, qualcosa in meno; in conseguenza delle precedenti criticità, la fondatezza del Piano di rientro dal debito, inviato al Ministero dell’Economia e ancora in istruttoria. Se dovessi aver fatto bene i conti, si tratterebbe di un importo complessivo che ridurrebbe, e di molto, il disavanzo cumulato accertato dal Tavolo tecnico. Quel disavanzo, nei suoi valori annuali, ha consentito al Tavolo, con la sua incontestata discrezionalità, ed alla struttura commissariale decisioni comportanti obblighi immediati in termini di soppressione di servizi, il blocco automatico del turn over, l’aumento delle aliquote fiscali, il divieto di effettuare spese non obbligatorie. Perciò, ho voluto illustrare le risultanze dello studio – ormai più di un anno  fa  sia al presidente della regione che, successivamente, ai tecnici della società RSM S.p.A., incaricata della ricostruzione della spesa sanitaria effettiva e della determinazione del reale disavanzo sanitario regionale. Sulle base delle conclusioni maturate ho ritenuto, inoltre, di suggerire un possibile percorso per sottrarre finalmente il Molise sia alla morsa del Piano di rientro che alla sopraffazione della struttura commissariale la quale – a giudizio di tanti –  porta insieme al Governo – suo datore di lavoro –  la responsabilità dell’attuazione nefasta del Piano. Il percorso consigliato al presidente prevedeva: prima dell’assunzione di qualsiasi iniziativa, una verifica urgente, ma accurata, dei risultati; la contemporanea giustificata richiesta di sospensione dell’attuazione del Piano di rientro; in caso di esito positivo dell’accertamento, l’apertura immediata di un tavolo di confronto con il Governo – a quel punto “inadempiente” al pari della Regione – finalizzato all’uscita immediata del  Molise dal Piano di rientro con: il ripristino della competenza regionale in Sanità; l’elaborazione congiunta di un nuovo Piano Operativo; l’erogazione alla Regione di risorse compensative, idonee ad accompagnarla nella realizzazione di un nuovo assetto della Sanità. Ho sollecitato, più volte e anche in forma scritta, un’autorevole e ferma iniziativa regionale. Non mi risultano, ad oggi, né esiti di una verifica finanziaria e contabile, né iniziative politiche nel senso auspicato. Mi risulta, inoltre, che siano stati informati delle criticità sia la struttura commissariale che il direttore generale della Salute della Regione. Ho seria difficoltà a comprendere le ragioni del silenzio e dell’inerzia e, anche, grande preoccupazione per verosimili ulteriori decisioni romane, le cui conseguenze ricadrebbero sulle spalle dei molisani, inconsapevoli ed incolpevoli, e non su quelle dei consapevoli che potrebbero e dovrebbero agire, ma non lo fanno. Non si aspetti domani, perché era già tardi ieri!

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